È iniziata da lì la mia avventura


 

Parlaci un po’ di te, chi è Elena?

Mi chiamo Elena e ho quasi 43 anni. La mia storia glicemica è iniziata nel mese di gennaio del 2001, avevo 21 anni ed ero in un momento drammatico della mia vita. Studiavo da infermiera e avevo appena perso la persona che amavo. Per non soccombere al dolore mi sono buttata a capofitto nel tirocinio che stavo svolgendo in quel periodo, senza considerare la stanchezza e i segnali che mi mandava il mio corpo, finché una mattina all’improvviso  sono svenuta. Mi hanno accompagnata al pronto soccorso, mi hanno fatto diversi esami fra i quali la glicemia: era incredibilmente bassa.

Quando e com’é arrivato il diabete alla tua vita? Come sono stati i tuoi primi passi in questo nuovo mondo?

È iniziata da lì la mia avventura fra medici e specialisti, ognuno con la sua ipotesi, nessuno con una certezza o tantomeno una soluzione. Ebbene, oltre ad una importante componente ereditaria per il diabete di tipo2 e una malformazione congenita del pancreas, altro non appariva. Forse un insulinoma? Esami, test, ipotesi. Nulla. Allora saranno ipoglicemie reattive: si tratta di una condizione che può essere, in certi casi, un’anticamera del diabete tipo2 (eh, tanti casi in famiglia…), quindi se si migliora lo stile di vita e l’alimentazione si può tenere bene sotto controllo. Dieta: ho perso circa dieci chili, ne pesavo 42 e non stavo più in piedi. Ho mollato la dieta. Mi sono sposata e sono rimasta incinta, avevo 25 anni e mi pareva che tutto andasse alla perfezione.

Esami di routine: diagnosi di diabete gestazionale: ma seriamente? Io soffrivo di ipoglicemia, che storia era questa? E la dieta non bastava, mi prescrissero insulina: avete mai visto un’ ieri era che piange per una puntura? Ero io. Dopo la nascita di mio figlio pensavo che sarebbe passato tutto. Invece sono tornate quelle maledette ipoglicemie (tanto per dare un’idea precisa, scendevo fino a 35 o 40 mg/dl). A volte avevo sintomi e glicemia apparentemente perfette. Altri esami, altri test: non avevo solo ipo ma anche iperglicemie. E così è arrivata la diagnosi di diabete di tipo2.

Ho inizialmente pensato che non tutti i mali vengono per nuocere, nuova dieta, riprendere a fare sport… almeno mi sarei rimessa in forma dopo la nascita del bambino… invece, pochi mesi dopo, nuove ipoglicemie alternate a iperglicemie. La mia diabetologa era andata in pensione, non c’era più nessuno che conoscesse tutta la mia storia e nessuno che avesse la pazienza di ricostruirla. La stanchezza mi ha portata a tralasciare la situazione per diverso tempo; fino a che mi sono resa conto della reale pericolosità di quello che stavo facendo e ho ricominciato a girare fra vari specialisti. Con pazienza, raccogliendo tutte le informazioni e cercando di anticipare tutte le obiezioni che potevano fare, comprando i sensori per avere un monitoraggio più completo della glicemia, ho incontrato un medico a cui devo tantissimo: intanto ha guardato pazientemente tutti i dati che gli portavo, poi mi ha fatto nuovi esami, ha scoperto che a differenza di qualche anno prima gli anticorpi erano positivi… quindi ecco che la mia diagnosi è cambiata di nuovo: ero diabetica tipo1.

Ad oggi sono seguita in un ottimo centro vicino a casa. Sono dotata di tutta la strumentazione necessaria

Non sono ancora ben controllata, il mio pancreas in parte funziona ancora, anche se in maniera un po’ casuale… questo causa diverse ipoglicemie inaspettate, ma anche la necessità di dosi di insulina tutto sommato ridotte.

Hai avuto qualche momento si stanchezza con il tuo diabete? Come lo hai risolto?

Non è una vita facile. Un diabetico vive di calcoli e previsioni su ciò che non può in realtà essere previsto: giusti i tempi e i carboidrati? Magari ci si innervosire per una ragione qualsiasi e ogni conto viene smentito.

Si vive di calcolo appunto, sensori, punture, timore che i cerotti si stacchino, dipendenza da cellulari, lettori e trasmettitori; si vive di esami e di visite con i timori delle complicanze che possono insorgere. Ma si vive, e questo è il punto fondamentale, secondo me.

La paura? Tanta. In un paio di occasioni ho seriamente temuto che non sarei uscita dalla crisi, avendo il solo desiderio di chiudere gli occhi e lasciarmi andare, ma siamo forti e non ci si arrende mai.

E lo sconforto poi passa.

Qual’è stata la cosa più difficile da accettare della vita con il diabete?

Non è una vita facile. Un diabetico vive di calcoli e previsioni su ciò che non può in realtà essere previsto: giusti i tempi e i carboidrati? Magari ci si innervosire per una ragione qualsiasi e ogni conto viene smentito.

Si vive di calcolo appunto, sensori, punture, timore che i cerotti si stacchino, dipendenza da cellulari, lettori e trasmettitori; si vive di esami e di visite con i timori delle complicanze che possono insorgere. Ma si vive, e questo è il punto fondamentale, secondo me.

La paura? Tanta. In un paio di occasioni ho seriamente temuto che non sarei uscita dalla crisi, avendo il solo desiderio di chiudere gli occhi e lasciarmi andare, ma siamo forti e non ci si arrende mai.

E lo sconforto poi passa.

Oltre al diabete, cosa ci puoi raccontare della tua vita?

Questi siamo noi. Ma chi ci sta accanto, i cosiddetti T3, sono i veri eroi delle nostre esistenze. Quanto deve essere difficile vedere un figlio star male… sentirsi impotenti (che poi, impotenti… sapessero, i nostri custodi, quale sicurezza ci danno), detestare questa malattia. Mio padre, ancora oggi, fatica ad accettare che io viva dipendendo da una macchinetta e da iniezioni continue. Io ad ogni somministrazione di insulina ringrazio che mio figlio stia bene. Mia madre, invece, forte come una roccia, mi ha sempre tirata su nei momenti più difficili: mi ha spronata a non abbassare la guardia ma a non farmi togliere null’altro da questa malattia. Si è presa i nostri pancreas, la nostra spensieratezza, ma non lasciamole anche la possibilità di negarci ogni esperienza possibile… i viaggi (più pesanti i bagagli), lo sport, le relazioni sociali, il lavoro e lo studio: abbiamo diritto a tutto questo.

Cosa puoi dire a una mamma che ha appena ricevuto il diagnostico di suo figlio?

Mamme e papà di figli diabetici: grazie a voi impareranno a tenere sotto controllo il più possibile la malattia, infondete voi una serenità che troppo spesso non provate, ma grazie a quella si va avanti. Imparerete, voi, a conoscere vostro figlio meglio di qualunque medico, specialista, amico. Imparerete a riconoscere i sintomi appena insorgono, imparerete a dormire con un occhio solo come quando erano neonati. Imparerete che i vostri fragili figli svilupperanno una forza immensa.

E cosa puoi dire a un/a giovane che é stato/a appena diagnosticato/a?

Il momento della diagnosi è duro. Concentrarsi sulle cose pratiche da imparare è ciò che mi ha salvata dalla rabbia e dalla disperazione… “perché a me?” non me lo sono mai chiesto: non mi interessa. Ce l’ho e ci viaggio insieme, come con qualsiasi altra caratteristica del mio essere.

Faccio il lavoro che amo, non l’ideale per una vita regolare essere un’infermiera in terapia intensiva, ma non me lo faccio portare via; ho un figlio, sta imparando a essere più responsabile verso di me; viaggio, faccio sport. Tengo a bada la paura. Parlo della mia malattia, del mio percorso e della mia esperienza con un sorriso, che se fosse utile anche solo a una persona, sarebbe meraviglioso.

Qualcuno la trova una vita pesante, ma è la mia vita.

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WRITTEN BY Estefanía Malassisi, POSTED 06/22/22, UPDATED 06/22/22

Mi chiamo Estefanía Malassisi. Vengo da Buenos Aires, Argentina. Mi trovate su instagram principalmente @estefiagos e su instagram @cuidardiabetes di CUI.D.AR. Oggi sono una studentessa di medicina, come accennavo prima, sognando di essere una pediatra e una diabetologa infantile. Sono divertente, estroversa, con molto senso dell'umorismo. Mi piace ascoltare musica e stare all'aria aperta. Amo lo sport. Amo passare il tempo con i miei amici e la mia famiglia.