Diabete, esercizio, ormoni: una maglia complessa ma fattibile


 

La regolazione ormonale in corso di attività fisica, comprende oltre la suddetta riduzione dell’insulinemia, un aumento degli ormoni della contro regolazione in particolare: catecolamine e glucagone e, se l’esercizio fisico dura a lungo, dell’ormone della crescita e dopo la 2°-3° ora anche del cortisolo. 

Il significato clinico di tali aumenti ormonali è quello di stimolare una e rifornire l’organismo di glucosio a mano a mano che viene ossidato a livello muscolare. Nel diabetico insulino-trattato la fisiologica riduzione dell’insulinemia evidentemente non avviene. Egli è pertanto maggiormente esposto ad episodi ipoglicemici legati all’iperinsulinemia periferica. 

D’altra parte un esercizio fisico che viene a cadere in una fascia oraria di estrema sotto insulinizzazione, per il noto meccanismo di Feed-Back dell’insulinemia sulla produzione epatica di glucosio, determina una iperglicemia paradossa e talora il rischio di chetosi per elevata ossidazione di acidi grassi. Questa iperglicemia paradossa può essere favorita inoltre dalla nota iperglucagonemia presente nel diabetico tipo l e da un eccesso di produzione catecolaminica in caso di attività fisica particolarmente intensa e stressante. 

Altri aspetti importanti da considerare:

Aumentata sensibilità all’insulina nelle ore successive all’esercizio:

E’ noto che una singola seduta di attività fisica, determina un aumento della sensibilità periferica all’insulina che però recede entro 24/36 ore. Se le sessioni di attività fisica, si susseguono con regolarità tale aumentata sensibilità risulterà piuttosto stabile (effetto training) e ciò comporterà minori oscillazioni glicemiche in quanto l’adeguamento della dose totale insulinica potrà essere stabile e non episodico in rapporto alla singola sessione di attività fisica.

Del fenomeno dell’aumentata sensibilità all’insulina nelle ore successive all’esercizio va tenuto conto per programmare le dosi di insulina successive all’esercizio stesso, specie la dose di insulina lenta notturna per esercizi che si svolgono nelle ore serali. 

Un rischio particolare riguarda soggetti non allenati che praticano attività fisica nelle ore serali o pomeridiane. In tal caso, poiché viene utilizzato prevalentemente il glicogeno anziché gli acidi grassi (condizione metabolica tipica dei soggetti non allenati) nelle ore successive alla attività fisica, al fine di ricostituire le scorte di glicogeno viene sottratto glucosio dal sangue circolante e ciò produce il rischio di importanti crisi ipoglicemiche fino a 12 ore dopo la fine dell’attività fisica stessa (sindrome dell’ipoglicemia ritardata notturna). In questi casi l’adeguamento insulinico e l’adeguamento nell’apporto dei carboidrati dovrà essere effettuato non solo prima dell’esercizio fisico stesso ma anche per quei tipi di insulina la cui azione si protrae fino a 14 ore dopo la fine dell’esercizio stesso.

Modificato assorbimento di insulina dai siti di deposito:

A causa dell’iperemia, del calore prodotto e dell’aumentata velocità di circolo l’insulina depositata nei siti sottocutanei può essere più velocemente assorbita. Il problema riguarda assai poco gli analoghi dell’insulina, maggiormente l’insulina umana regolare e soprattutto l’insulina ad azione intermedia. 

Bisogna scegliere con cura i siti di iniezione evitando di iniettare l’insulina precedente e successiva all’esercizio fisico in parti del corpo coinvolte direttamente nell’attività muscolare. 

Va tenuto conto che anche un ambiente caldo umido può, attraverso la vasodilatazione del letto capillare, facilitare l’assorbimento dell’insulina. Questa condizione si può realizzare, a livello di micro clima, quando un soggetto diabetico alla fine di un esercizio fisico pratichi una doccia calda e resti in un ambiente saturo di vapore caldo e magari subito dopo inietta l’insulina per poi consumare il pasto. E anche questo rischio può essere minimizzato evitando di

Fare una doccia calda o di stazionare in ambiente caldo umido immediatamente a ridosso dell’iniezione di insulina.

Timing dell’esercizio fisico in rapporto all’ultima iniezione di insulina:

Per quanto detto finora il timing dell’esercizio fisico condizionerà fortemente il comportamento glicemico a seconda se l’attività fisica viene effettuata in fase postprandiale, interprandiale o preprandiale. La raccomandazione è di effettuare l’attività fisica almeno 2-3 ore dopo l’iniezione di un analogo rapido dell’insulina, 4-5 ore dopo l’iniezione di insulina umana regolare e dopo almeno 8-10 ore dall’iniezione dell’insulina intermedia.

Pertanto gli orari ideali possono essere il primo mattino oppure nella tarda mattina o nel tardo pomeriggio. Nel caso non si possa rispettare questa norma di prudenza è indispensabile aumentare l’apporto di carboidrati intra e post esercizio nella misura di 25-50gr di glucosio per ogni ora di attività fisica.

Durata dell’attività. 

E’ evidente che più lunga è l’attività física, maggiore sarà il dispendio energetico e quindi il rischio di ipoglicemie. Pertanto per attività di scarsa intensità ma di lunga durata l’adeguamento della dose insulinica non dovrà riguardare solo la rapida iniettata precedentemente ma anche quella successiva ed eventualmente anche l’insulina intermedia.

Tipo di attività fisica:

La risposta glicemica e l’utilizzazione preferenziale di substrati a scopo metabolico variano grandemente a seconda se si pratichi attività fisica di brevissima durata ma di grande intensità (anaerobica alattacida), di media intensità e di medio breve durata (anaerobica lattacida) e di bassa intensità con lunga durata (aerobica). È evidente che l’attività maggiormente consigliata è quella aerobica.

Infatti “l’attività fisica prolungata, effettuata al di sotto della soglia anaerobica individuale predeterminata, praticata  in condizioni di controllo metabolico, sembra essere quella che meglio si adatta al diabetico. Essa,  se praticata sistematicamente, orienta il muscolo all’uso di miscele combustibili più ricche in grassi che in carboidrati (quindi minor rischio di ipoglicemie) e può essere proseguita anche nell’età adulta e nella maturità.”

Paradossalmente le attività aerobiche di lunga durata espongono meno a rischio di ipoglicemie per una serie di motivi come:

  • Essere abitualmente allenati e pertanto capaci di praticare attività di lunga durata
  • Per tale tipo di attività dopo circa un’ora il principale substrato utilizzato sono gli acidi grassi liberi e i trigliceridi del tessuto adiposo: ciò determina un risparmio di glucosio e quindi, a dispetto della lunga durata di attività, un minor rischio di crisi ipoglicemiche.

Trend glicemico pre-esercizio:

Molti atleti diabetici, sono soliti controllare la glicemia 2 ore prima, 1 ora prima e subito prima l’inizio di una sessione di attività fisica. Ciò consente di valutare il trend glicemico e quindi di avere un’idea del livello insulinemico di quelle ore. Si hanno, pertanto, informazioni importanti per modulare gli adeguamenti della terapia insulinica sessione per sessione, prendendo in considerazione anche il comportamento glicemico pre-esercizio.

Riposta glicemica abituale all’attività fisica:

Un ulteriore fattore, del tutto individuale, è la risposta glicemica che ogni singolo diabetico ha in rapporto alle sessioni e alla tipologia di attività. Questo fattore, ancor meno di altri, si presta a standardizzazione. 

Va tenuto, però, conto del fatto che taluni diabetici possono avere una spiccata tendenza all’ipoglicemia anche per esercizi di scarsa intensità e durata e altri una abituale risposta paradossa iperglicemica all’attività fisica spesso di breve durata e legata verosimilmente allo stress che accompagna l’evento sportivo. 

Va considerato anche che nello stesso soggetto la risposta glicemica può cambiare a seconda del tipo di attività fisica, (per esempio tendenza ad abbassamento glicemico durante passeggiate o escursioni tipo trekking, e picchi iperglicemici in seguito ad una partita di calcio a 5). Va infine sottolineato, e questo vale come regola generale, che il rischio di ipoglicemia è tanto minore quanto più è aerobica l’attività fisica, e quanto maggiore è il grado di allenamento. Da quanto sopra descritto, pur se in maniera semplificata rispetto alla complessità del fenomeno, è evidente che gli adeguamenti nella terapia insulinica saranno tanto più efficaci quanto maggiormente verranno rispettati i seguenti criteri:

  • Seguire un programma di educazione terapeutica specifica
  • Provare differenti soluzioni anche rischiando l’errore ma traendo da esso i dovuti insegnamenti
  • Indirizzare al massimo gli adeguamenti della terapia insulinica e dell’apporto di carboidrati in rapporto alle variabili suddette
  • La necessità per il diabetologo di seguire personalmente e praticamente l’atleta diabetico in talune occasioni per sperimentare direttamente le più diverse soluzioni terapeutiche.  

WRITTEN BY Davide Cirelli, POSTED 10/18/21, UPDATED 10/18/21

Ciao a tutti mi presento sono Davide Cirelli, ho 29 anni sono laureato in scienze motorie e sportive con specializzazione in attività motoria preventiva ed adattata. Sono diabetico dall’età di 6 anni e faccio parte come atleta di ANIAD, ovvero la nazionale diabetici italiana. Sono calciatore della nazionale oltre che per passione, runner e ciclista. Ho sempre praticato attività sportiva agonistica giocando a calcio, calcio a 5, e facendo allenamenti cross come corsa, ciclismo e palestra. Utilizzo come supporto al diabete il sensore cgm freestyle libre e come microinfusore il sistema omnipod.  [email protected]